L’immediatezza della tecnologia


Quanto di positivo c'è?
tecnolgia
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Mi trovo a prendere  in prestito molti concetti ben espressi e assai condivisi da articoli come questo,  sulla velocità-lentezza e tecnologia, o come questo, che guarda alle relazioni umane nell’era della tecnologia.

Leggeteli: vi farete un regalo.

L’argomento? L’immediatezza, l’anima di questa era tecnologica in cui noi ci siamo ritrovati da adulti, mantenendo forse, speriamo, (io lo spero!) un bagaglio riferito all’infanzia che ci permette di non lasciare andare del tutto alcuni passi importanti della nostra esperienza legata alla lentezza, al tessuto delle relazioni, alla costruzione del sé attraverso esperienze e appuntamenti con i desideri.

In realtà quello che consapevolmente sto cercando di fare con questo articolo, è una riflessione sul buon senso, il padre dei 5, il più coraggioso in assoluto.

Parto dal mio quotidiano, dai tanti genitori che accompagnano i figli a scuola con il cellulare all’orecchio: spesso sono risposte del tipo” sto accompagnando F a scuola, ti richiamo appena esco” oppure dialoghi che comunque necessitano di essere recuperati in un secondo momento, grazie al dono dell’”ubiquità” che ci costringe ad essere spesso assenti dal luogo in cui ci troviamo fisicamente.

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L’immediatezza intrinseca nella tecnologia:

Cosa ci sta succedendo? Davvero siamo così felici ad andare di fretta? Davvero l’immediatezza intrinseca nella tecnologia è qualcosa che ci fa stare bene?

Prendo in prestito queste parole : “I tratti distintivi della cultura contemporanea sembrano opporsi ai tempi e ai modi della mediazione narrativa, della costruzione di storie, personali e collettive: ogni esperienza deve essere vissuta in fretta, divorata bulimicamente senza averne costruito il senso, accettata così com’è preconfezionata. Con l’unico scopo di sgombrare il campo per l’evento successivo.” Queste parole tratte da questo articolo, che vi invito a leggere tutto, fanno luce su un sentimento a me caro: la scorrevolezza degli eventi, la velocità del loro susseguirsi senza averne costruito un senso…

Quanto tempo dedichiamo a vivere con lentezza e con calma ciò che stiamo vivendo? Quanta attenzione al momento, alle emozioni  riusciamo a riconoscere,  a godere,  a darci  il tempo per metabolizzare e renderle parte di un bagaglio di esperienze?

Ci prendiamo il Tempo affinchè questi momenti riescano a farsi Episodi? Episodi della nostra storia, della nostra narrazione? (Parafrasando quanto indicato più in basso ancora nello stesso articolo da Francisco Varela.)

Ecco la mia preoccupazione è quella di  dimenticarci dei bambini che siamo stati, abitanti ormai di un tempo in cui eravamo meno assorbiti dalla immediatezza, dall’ubiquità, quando avevamo come complici nel nostro processo di formazione il desiderio e la mediazione. Saremo capaci ancora di insegnare ai bambini di questo tempo l’importanza per loro stessi della Lentezza? Saremo capaci di fermarci ad osservare, aspettare, costruire? “Paul Virilio, massimo esperto di dromologia (1981), sostiene che le categorie più adatte a cogliere e definire l’uomo d’oggi sono immaturità e infantilismo:il dominio del presentismo sembra aver realizzato uno stato di infanzia permanente in cui l’unico obiettivo è la gratificazione istantanea, l’abbattimento dei limiti che ci separano dal raggiungimento rapidissimo del piacere.”

Complici gli ultimi fatti cronaca, dove si parla di ragazzi adolescenti che condividono con un clic momenti di intimità e  di vita sociale, senza reggerne gli effetti, senza capirne il senso tantomeno il valore.

Perché i bambini non siano fragili, perché i ragazzi siano capaci di affrontare le sfide e le difficoltà, perché possano diventare adulti connessi con il loro mondo interiore. C’è bisogno di dare tempo e valore al tempo che spendiamo con loro, alla ricerca di un tempo di attesa, di un tempo di scoperta, di un tempo in cui concedersi esperienze.

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